29/11/2019 – Al Teatro Comunale di Bucine si è tenuto lo spettacolo LE SEDIE di E.Ionesco con Caterina Casini e Fabio Mangolini.
“Per andare a teatro fai i compiti e leggi tutto il testo de LE SEDIE di Ionesco, non è semplice capire un testo di teatro scritto e non recitato, troppi percorsi mentali scoperti tra una battuta e l’altra, troppi silenzi che non evocano nulla, singulti, singhiozzi, che restano lì, appunti del drammaturgo. Non era semplice affrontare ieri sera lo spettacolo, partendo da una lettura del testo. Non sarebbe mai facile, ma con Ionesco…
E invece, la meraviglia, la bellezza. Caterina Casini e Fabio Mangolini lo interpretano meravigliosamente, il testo assume un corpo e una intensità e una profondità che sulla carta, leggendo battuta dopo battuta e indicazione dopo indicazione, non si trova o si fa fatica a trovarla. Sul palco si disvela, invece. Lo disvelano, correttamente, i due attori, che con maestria dipanano il racconto non racconto. Sul palco ogni silenzio, ogni discorso non-sense, assume un significato o mille significati, ognuno ci legge ciò che può, ma comunque è una lettura profonda, che scava nell’animo di ognuno. Leggi le critiche altrui, leggi le letture altrui e non puoi che concordare, sono tutte corrette, e come potrebbe essere altrimenti? poi ti tieni strettamente le tue visioni, le tue interpretazioni, o le misceli con le altre in una apertura di sensi e percezioni.
I due personaggi sono ossessionati da un evento più grande di loro, cui si sono preparati e per cui non sono preparati, sistemano sedie, le sistema Caterina/la vecchia, invero, per accogliere persone che non esistono in realtà (o sono vere? Ci sono o non ci sono? È tutta una farsa, una bugia?) parlano tra di loro ma non con loro, le parole scivolano dall’uno all’altra in un completo disinteresse reciproco, intervallato da ripetuti “amore mio” che non significano quello che dicono. Si sopportano da anni, troppi forse, in una finzione senza senso, essendo chiusi in una specie di torre circondata da acque; si tributano onori che non hanno, dandosi ma poi anche togliendosi una importanza nel destino del mondo che non hanno avuto, interagiscono con personaggi fittizi/invisibili cui tributano onori fuori luogo e cure che sanno di falso, basti notare la fretta della vecchia di liberare casa di tutte le presenze, raccontano vicende personali e si raccontano in maniera discorde: hanno avuto o non hanno avuto un figlio (il pensieri va a CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF)? il portiere è stato o non è stato un buon figlio?
Il mio pensiero non va tanto sulla difficoltà di comunicazione quanto sulla necessità di comunicare ognuno una realtà diversa, per scopi personali. Il vecchio perché deve comunicare di essere stato un figlio pessimo, se lo è stato, a questo punto della sua vita, a persone sostanzialmente sconosciute? È una confessione, di quelle facili che vengono con persone che non incontrerai più, quando magari per anni con la moglie ha finto altro, l’altro che la moglie racconta, ovvero che il marito è stato un figlio presente ed esemplare?
Inevitabilmente il pensiero mi va alla situazione attuale, in cui la realtà è manipolata per scopi personali, in cui il racconto, funzionale allo status quo o a cambiare radicalmente lo status quo, prova a convincere persone non conosciute e che si relazionano su canali “non relazionali” della bontà e veridicità delle affermazioni ultime, delle Verità assolute. È qui che mi arriva la seconda suggestione, la Verità che deve comunicare il vecchio è davvero così importante? È davvero così Ultima? Penso quindi a tante parole che si sprecano ovunque ora, specialmente nel web, che vorrebbero essere la pietra miliare di un nuovo pensiero e restano sassi lasciati bordo strada, oggetti su cui inciampare o su cui forare una gomma.
Esco stanco, perché il coinvolgimento è molto, i sensi sono attivati, le suggestioni fortissime, gli attori così bravi che vedi le signore e i signori sulle sedie, ovunque, fatichi con loro, nei loro pianti e nelle loro risate, senza fine, in un perenne rimpallo tra vecchio e vecchia, poi vedi l’Imperatore che arriva e solo con la sua presenza rende praticamente inutile il resto e ti chiedi quindi quale Verità Ultima può essere niente di fronte a un uomo solo, per quanto Imperatore… e pensi che forse anche questa è funzionale, funzionale a mostrarsi più che a essere, e come tale vale nel breve attimo dell’incontro con l’altro e non con sé stessi.
Arriva il relatore cui è demandato il compito di raccontare la Verità: non è significativo ed evocativo del mondo moderno, in cui molti, adesso, demandano ad altri di ripetere verità-non-sense in cui ritrovarsi? Ma il Relatore non dice niente (è sordo e non parla, fa suoni nel testo), non sa niente forse, non riesce a comunicare niente se non scarabocchi illeggibili in una lingua altra…non è significativo ed evocatico? Appena prima di questo, i vecchi si suicidano, non hanno più aspettative, hanno raggiunto il loro obiettivo, il loro scopo. La speranza che mi resta alla fine dello spettacolo è questa, che il suicidio (vero o fittizio) di chi crede di avere la Verità, che vede soddisfatte le proprie aspettative e sa di non poter aspirare a niente di più possa essere anticipato ed evitato dalla scoperta che niente sarà mai così ultimo come il proprio suicidio (la propria o l’altrui disumanizzazione, come la messa all’indice o come la condanna dell’altro sulla base delle proprie inutili se non dannose verità, ma questo è un altro discorso).” A.R.

Le due figure di anziani che entrano in punta di piedi temendo quasi di turbare il proprio mondo fatto di silenzio, ci conquistano subito con la loro profonda umanità, unico punto fermo in questa totale dissoluzione della realtà oggettiva.I fili di questa frantumazione vengono riannodati per creare due realtà parallele che, pur essendo contrapposte, non si negano a vicenda come se l’una desse all’altra il diritto di esistere.
La presunta esistenza di un figlio forse mai nato lega i personaggi in una nostalgia struggente quanto dolce e delicata.
Il ricordo di un passato forse pieno e ricco di eventi dà corpo all’assordante silenzio del presente in cui numerose figure nutrono la fantasia dei protagonisti e sconfiggono totalmente il vuoto della loro vita
Non c’è comunque solitudine: i personaggi con la loro reciproca tenerezza,si danno l’un l’altro valore e dignità annullando magicamente la paura del futuro e della morte. A.B.