La compagnia SETTMO CIELO ci ha invitati a portare la nostra pedagogia teatrale nello spazio del TEatro la Fenice di Arsoli, una chicca incastonata tra i monti laziali, una valle splendida, un freddo pungente come deve essere ora in montagna.
L’occasione è
INTRECCI DI STORIE Il laboratorio, aperto a tutte e tutti anche in una dimensione intergenerazionale e inclusiva ha l’obiettivo di costruire un’opportunità di incontro fra persone e con la propria teatralità, attraverso la sperimentazione dei linguaggi espressivi, fisico, verbale, sonoro, grafico. Incontro tra persone, storie, culture, identità, in un reciproco arricchimento che nella dimensione creativa individuale e di gruppo rende significativa l’esperienza di ogni persona. Dalla messa in gioco della propria teatralità fino alla composizione di una “narrazione collettiva”, passeremo per la sperimentazione di relazioni che aprono all’ascolto e all’accoglienza di ogni storia che si presenta “sul palco” .
Il risultato è stato una fresca ventata di profonde emozioni, per chi ha partecipato come per chi ha vissuto da fuori l’esperienza.
Giovedì 13/06 in occasione della cena di strada promossa dalla ProLoco di Bucine, una serata di rap, in collaborazione con Vita da Vicolo. Il rap nasce come rivolta alle condizioni di vita dei ghetti, versi e rime che ridavano un senso di collettività e dignità a una popolazione oppressa, isolata, umiliata.
Quando non puoi altro, la poesia ti salva.
Venerdì 28/06 dalle 18:00, sotto il Leccio Secolare di Bellavista, RAID POETICI, brevi assaggi di poesie, libere, senza censura. Ognun* porta le sue composizioni e le legge, per una condivisione di emozioni, sensazioni, sentimenti, rabbia o amore.
A seguire, le poesie di ANIMALI DI SILENZIO di Antonio Stoccuto, poeta e attore.
Prenotatevi per leggere le vostre composizioni.
Sabato 29/06, una giornata intensa. Seminario di scrittura con Antonella Giacon, poeta e formatrice in scrittura poetica creativa. 4 ore per conoscerci meglio e farlo attraverso la poesia, scoprire la potenza creatrice e disvelatrice delle parole. Il seminario è gratuito ma PRENOTATEVI!
A seguire, incontro pubblico con Antonella Giacon LO SPAZIO TRA I SE’, la poesia è un atto di pace
Alle 18:00 presentiamo il bellissimo libro di poesia del caro amico Stefano Olmastroni, penna sensibile e sublime, I RIFLESSI DELLE COSE
Alle 19:00 circa PICCOLI ESERCIZI PER LA PACE – chiusura in memoria della strage nazifascista di San Pancrazio, con lettura di poesie d’autore e composizioni di alunni e alunne delle classi quinte dell’Istituto Comprensivo di Bucine. Perché la pace nasce da piccol*, fare la pace è un’arte da bambin*.
Diciamocelo pure, la poesia parte da noi, come la pace.
Una occasione incredibile per il ns eroe poetico e svampito, sognatore e battagliero.
Dalla Mancha assolata a Pordenone, con la sua valigia di sogni, utopie, vaneggiamenti poetici e in compagnia del fido (?) Sancho, abilmente scritto da un narratore caotico e canterino, e da due figure misteriose, unione tra la realtà e il sogno.
Un sogno… anzi, no, una realtà di inclusione artistica.
Come l’anno scorso, Diesis Teatrango collabora con gioia al progetto PAROLE IN CIRCOLO di PARO PARO, associazione che promuove cultura, divertimento, integrazione a San Giovanni Valdarno e in tutto il Valdarno.
L’importanza delle parole, che definiscono la realtà, che determinano i destini del mondo, parole che vanno misurate, pronunciate con cura, scelte con maggiore cura, che devono circolare liberamente e portare una forza propulsiva allo sviluppo dell’umanità, in tutte le sue forme. Nella pace.
È un piacere, un onore e un privilegio portare il nostro spettacolo IL POPOLO PERFETTO in questa giornata particolare in un centro di aggregazione.
Perché la memoria è fondamentale, per non commettere gli stessi stupri, violenze, insulti alla condizione umana e agli uomini e donne.
Perché l’aggregazione è condivisione, crescita, sociale e civile, ed è l’ unica strada per vivere bene, condividere, non separare, non discriminare, non farsi forti su debolezze altrui.
IL POPOLO PERFETTO Progetto LABORATORIO PERMANENTE DI TEATRO SOCIALE Fascia di età: dai 13 anni / stagioni serali Sulla scena un’umanità attraversata da “angeli e demoni” che vacilla, cade, si rialza; un’umanità, sembra strano a dirlo, fatta di persone che vivono, da sempre, con bellezza, fragilità, oscurità, finché qualcosa si rompe e si invadono i corpi, le vite degli altri. Il padre, la madre, il medico-gerarca e il grido “Heil Hitler”, il grido di omaggio e obbedienza ad un sistema. E il nostro “vivere” dove ci viene continuamente richiesto di essere dei super, dei perfettamente adeguati, degli standard e dove spesso si incolpa il diverso da noi della sua stessa diversità apparente o immaginata, della sua unica ala per volare, a dimenticare quasi il valore e i diritti della persona qualunque essa sia. Il racconto, costruito su percorsi di scrittura creativa degli attori, è ispirato ad una memoria tragica, il programma nazista Aktion T4 che rivendica e persegue l’idea del “popolo perfetto” con la soppressione di coloro ritenuti “indegni di vivere” e la persecuzione delle diversità per liberare la razza ariana dalle impurità: persone disabili, folli, outsider, borderline; si aprono finestre su i protagonisti di oggi partendo dai propri corpi e fisicità, dalle proprie verità e da ciò che il teatro ci permette di esplorare, raccontando l’imperfezione, l’inadeguatezza”, la necessità e la bellezza di poter ancora agire creativamente per cercare strade nuove di relazione. Un percorso di ricerca teatrale dove la qualità della relazione si lega al processo estetico producendo un teatro d’arte, performativo e sociale. Un evento performativo in cui disabilità, fragilità e visionarietà scenica creano una commistione che si fa proposta culturale. Progetto drammaturgico ed elaborazione scenica: Barbara Petrucci, Piero Cherici con la collaborazione di Massimo Currò Progetto musicale: Silvio Trotta Coordinamento di scena: Filippo Mugnai Con: Roberta Brocci, Massimo Currò, Elisa Fini, Daniele Gonnelli, Alessandro Grassi, Manuel Loscalzo, Chiara Melani, Irina Mirzoeva, Simone Pasquini, Sandra Piomboni, Lucia Romoli, Andrea Roselletti, Simonetta Testi
IL POPOLO PERFETTO
Progetto LABORATORIO PERMANENTE DI TEATRO SOCIALE
Sulla scena un’umanità attraversata da “angeli e demoni” che vacilla, cade, si rialza; un’umanità, sembra strano a dirlo, fatta di persone che vivono, da sempre, con bellezza, fragilità, oscurità, finché qualcosa si rompe e si invadono i corpi, le vite degli altri. Il padre, la madre, il medico-gerarca e il grido “Heil Hitler”, il grido di omaggio e obbedienza ad un sistema. E il nostro “vivere” dove ci viene continuamente richiesto di essere dei super, dei perfettamente adeguati, degli standard e dove spesso si incolpa il diverso da noi della sua stessa diversità apparente o immaginata, della sua unica ala per volare, a dimenticare quasi il valore e i diritti della persona qualunque essa sia.
Il racconto, costruito su percorsi di scrittura creativa degli attori, è ispirato ad una memoria tragica, il programma nazista Aktion T4 che rivendica e persegue l’idea del “popolo perfetto” con la soppressione di coloro ritenuti “indegni di vivere” e la persecuzione delle diversità per liberare la razza ariana dalle impurità: persone disabili, folli, outsider, borderline; si aprono finestre su i protagonisti di oggi partendo dai propri corpi e fisicità, dalle proprie verità e da ciò che il teatro ci permette di esplorare, raccontando l’imperfezione, l’inadeguatezza”, la necessità e la bellezza di poter ancora agire creativamente per cercare strade nuove di relazione.
Un percorso di ricerca teatrale dove la qualità della relazione si lega al processo estetico producendo un teatro d’arte, performativo e sociale. Un evento performativo in cui disabilità, fragilità e visionarietà scenica creano una commistione che si fa proposta culturale.
Progetto drammaturgico ed elaborazione scenica:
Barbara Petrucci, Piero Cherici con la collaborazione di Massimo Currò
Progetto musicale: Silvio Trotta
Coordinamento di scena: Filippo Mugnai
Con: Roberta Brocci, Massimo Currò, Elisa Fini, Daniele Gonnelli, Alessandro Grassi, Manuel Loscalzo, Chiara Melani, Irina Mirzoeva, Simone Pasquini, Sandra Piomboni, Lucia Romoli, Andrea Roselletti, Simonetta Testi
“Educarci non è mai tempo perso. Educare è assumersi il rischio di imparare insieme” (Marina Garces)
Il progetto “Il Dire e il Fare” arriva alla fine del suo primo anno di attività concludendo una fase del processo riflessivo condiviso con un momento di rilancio, un’ulteriore occasione di ricerca e confronto per sperimentare azioni che attivino “energie di legame” tra persone e rendano possibile la loro partecipazione alla vita della società. In un momento in cui i dati della sofferenza psichica e sociale sono in aumento tra giovani, adulti e anziani, è tempo di tornare a cercarsi per rinforzare il tessuto di vicinanze e prossimità e per costruire insieme, di nuovo, il desiderio di vivere. La sfida è ri-fare convivenza: ma come?
Come fare per colmare il vuoto e il silenzio di una comunità da rigenerare o che ha sviluppato forme di relazioni che escludono e che marcano le differenze tra chi sta dentro al centro echi rimane ai margini o escluso? L’obiettivo di questo momento di ricerca comune è quello di provare a alimentare il pensiero e offrire contesti in cui poterlo fare: la comunità è di tutte e tutti e favorire mescolanze permette di generare opportunità inedite. Le relazioni territoriali possono essere il motore del cambiamento.
Domenica 19/11 doppio evento a partire dalle ore 17:00
IMPERDIBILE!!!
Ore 17:00 incontro con Jasmine Piattelli, Giuliana Mesina, Sandra Lottarini, Fiora Branconi, Marzia Franci ed Eva Malacarne sulle tematiche dei diritti sociali, civili e al lavoro. Quali tutele per le persone LGBTIQA+?
Tra attivismo, politica, sindacato, arte, affronteremo la tematica dei diritti civili e sociali, che alcuni hanno contrapposto, quando invece, non essendo garantiti i civili, quelli del lavoro/sociali non possono esistere…
…o le persone LGBTIQA+ sono tutte ricche ereditiere, non devono lavorare e non lo sapevamo…
(oppure la miopia politica e sociale fa sembrarle ricche ereditiere e non lo sono)
Ore 18:45 CONCHAS spettacolo della Compagnia SEMIVOLANTI.
Quando la stessa idea di civiltà, di diritti, di vicinanza, di umanità è condivisa da chi fa lo spettacolo e chi lo ospita, non possono che nascere iniziative BELLE.
SEMIVOLANTI ha già presentato spettacoli di forte impatto emotivo su tematiche sociali, qui, al Teatro di Bucine. L’amicizia e la stima che ci lega alla Compagnia non potevano che accogliere questo nuovo spettacolo, non potevano che unirci in un progetto di dibattito sulle tematiche affrontate.
Proseguono le Residenze Artistiche, mai come quest’anno incentrate su tematiche impellenti, importanti, di cui il teatro, come voce potente, totale, rivolta a tutt*, si fa portavoce. Il teatro come amplificatore di quello che più “alto” abbiamo tutt* nell’anima (o altrove, se non crediamo all’anima, ma c’è, fosse “solo” empatia e compassione!)
Diesis Teatrango, chiamata da Archè Teatro per il Festival IL TEATRO NON SI RASSEGNA, si è innamorata di questo progetto ed è lieta di ospitare I PESCI https://ipesci.wordpress.com/nel Teatro Comunale di Bucine.
Si presentano così e ci raccontano il loro lavoro:
Siamo un giovane collettivo artistico indipendente che lavora sul territorio nazionale, la nostra base è Napoli e sviluppiamo i nostri lavori in collaborazione con l’Ex-asilo Filangieri, al centro storico di Napoli, un centro sociale occupato che ci offre i suoi spazi per permettere le nostre ricerche artistiche. Questo lavoro vede protagonisti Antonio Stoccuto, autore e regista dell’opera, Fiorenzo Madonna, Damiano Rossi e Emma La Marca, tecnico luci e assistente alla regia. La residenza a Bucine è giunta a seguito di una selezione al festival “Il teatro non si rassegna” presentato da Archè teatro, e alla scelta di ospitare e supportare la creazione da parte di Diesis Teatrango Soc. Coop. La residenza a Bucine figura il nostro ultimo passo nella finalizzazione dell’opera “Muti come pesci”. Per la distribuzione teatrale di questo lavoro e il debutto siamo a lavoro, ma non possiamo ancora dare nessuna informazione certa a riguardo.
“Muti come pesci” è un’opera originale in atto unico. È il secondo capitolo di una trilogia dedicata all’invisibile. Il progetto nasce dalla necessità dell’autore di indagare la zona di realtà invisibile che accompagna gli umani nel passaggio tra la vita e la morte. È uno studio su quanto gli umani possano essere vivi nell’invisibile e morti nel visibile. Il lavoro racconta dell’esperienza finale di vita di un bambino di dodici anni. I personaggi si presentano come pesci per poi giungere alla consapevolezza di ciò che sono. Marmora è in fin di vita ed è solo in mare aperto, dopo che il barcone sul quale viaggiava, partito dalla Libia, è affondato. A seguito della perdita di sensi si figura Armuro come compagno di viaggio, amico immaginario che lo porterà a raggiungere la meta. Nessuno può aiutarlo, l’unica cosa che resta è di accettare l’inevitabile destino della morte e accoglierla. È una vittima del naufragio accaduto nel 2013 al largo del canale di Sicilia. Il barcone partito dalla Libia è rovesciato e in mare galleggiano 268 corpi umani. Nessuno li ha salvati nonostante le loro continue richieste d’aiuto alla capitaneria di porto italiana e a quella maltese. Le due figure iconiche portano con sé ognuna il proprio vissuto, un’esperienza non ripetibile da nessun altro, che si scontra con la fine e si decompone lentamente sino a scomparire; come quando Derrida avverte: “Quando muore una persona, con lei scompare anche tutto un mondo”. Il protagonista viene condotto da Armuro all’elaborazione del lutto personale ed accogliere gli eventi deprecabili della sua vita, lasciando solo al sentire una vera risposta, che regna per sempre sovrana oltre il tempo e lo spazio. L’urgenza di parlare oggi di questa tematica è un bisogno, un dovere, una denuncia che non può esimere nessun umano
Siamo partiti dalla stesura di una prima bozza di drammaturgia, ma praticando anche scrittura di scena il testo è stato ed è ancora in continua evoluzione. La nostra modalità nel fare teatro si fonda sull’azione fisica, sul gesto, sullo studio del corpo; l’azione fa nascere la parola e non viceversa. L’improvvisazione è un importante fucina per dare corpo e fiato alla creazione e quindi con assoluta certezza abbiamo praticato quest’arte. Ci sono state due fasi in cui potremmo dividere lo sviluppo del lavoro, una prima fase è stata presentata al festival dal quale poi è derivata la selezione alla residenza a Bucine, durante la quale il lavoro è stato articolato in una direzione che potrebbe avvicinarsi come immaginario al teatro-danza; e una seconda fase che ha visto l’innesto nel lavoro dei tessuti. L’utilizzo di questo attrezzo ha aperto una nuova ricerca che ha ampliato ciò che prima era stato creato e ci sta accompagnando ad una nuova pratica di messa in scena che tiene in riferimento la drammaturgia che continua ad evolversi ma fonda sull’improvvisazione il motore vivo dell’opera. Ogni lavoro è una creazione unica, e in quanto tale i processi creativi variano sempre, in base al collettivo di riferimento all’opera; considerando che non esiste una modalità migliore di un’altra per creare un’opera, se bisogna dire di un approccio che in genere usiamo forse semplicemente è l’ascolto, quello di se stessi e dei compagni di scena, e se c’è questo ascolto che sia un approccio basato sulla drammaturgia o sull’improvvisazione poco cambia, l’importante è che si senta qualcosa per cui valga la pena bruciare
Il lavoro è un impegno costante, come un qualcosa che inizia e non smette sia durante l’attività che il riposo. Essendo un lavoro molto fisico oltre alle prove c’è una preparazione atletica ed un allenamento continuo. Le prove sono un continuo immergersi in se stessi e nell’altro e un costante concedersi; essere aperti nel mondo. Praticare tutto ciò significa avere un dispendio di forze sia emotivamente che fisicamente e indubbiamente dopo le sessioni di prove la fatica si avverte. Tutti i membri del collettivo artistico sono umani che hanno scelto di fare questo mestiere per un bisogno, una necessità, una vocazione e quindi il fatto stesso di farlo dona forza, ma non solo mi sento di aggiungere dona colori e suoni e forme alla vita stessa. Per ogni lavoro le energie si perdono sempre e si trovano anche, è come la vita, si perde costantemente qualcosa e non c’è nulla da fare, ma accogliere queste costanti perdite, questo lasciare andare, crea lo spazio necessario per riempirsi di altro, di tutto ciò che il lavoro/la vita ci dona e continuare il proprio viaggio
Come non condividere ogni singola parola?
Come non confidare, stanti le premesse, che l’esito finale di questo spettacolo sia “intenso, bello, coinvolgente, emozionante, commovente” come lo studio che abbiamo avuto il privilegio di visionare?
L’argomento è IMPORTANTE, FONDAMENTALE, perché la violenza, che strappa l’anima, la dignità, NOI dobbiamo sconfiggerla, partendo anche da una rappresentazione teatrale, che ci mostra cosa accade nelle vite nascoste di chi subisce la violenza.
Per ora, buon lavoro, e…. a presto!
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