La storia di un eroe sportivo e umano, un campione dal cuore enorme, in una lettura spettacolo di una amica capace di affascinare il pubblico a ogni parola.
Teatri d’Imbarco cion la grande Beatrice Visibelli torna a Bucine e ci regala una avventura a perdifiato, su e giù per vette alpine e di umanità, per paesi e città, da Firenze a Parigi.
Abbiamo bisogno di fascinazione, di amic*, di eroi positivi.
Noi abbiamo voluto la bicicletta e pedaliamo, venite con noi?
Per iniziare la stagione 2025, abbiamo scelto una regina della risata, della comicità, una esplosione positiva di gioia e freschezza: Debora Villa, grande comica italiana, attrice che nella sua comicità trova modo di farci riflettere con profondità e simpatia, attivista per i diritti, amica da sempre di chi cerca intelligenza nel ridere.
Debora è qui, che apre virtualmente le porte del nostro caro Teatro Comunale di Bucine per farci riappropriare del luogo con VENTI DI RISATE, uno spettacolo ironico, leggero, profondo perché ridere bene è un dono dell’intelletto e scava nell’anima.
Domenica 19 gennaio, ore21:15, NON MANCATE, assicuratevi un posto prenotando fin d’ora!
E che le risate possano farci veleggiare in un futuro più leggero, un 2025 che fermi i venti terribili che soffiano sul mondo per ridarci la forza di respirare insieme.
La compagnia SETTMO CIELO ci ha invitati a portare la nostra pedagogia teatrale nello spazio del TEatro la Fenice di Arsoli, una chicca incastonata tra i monti laziali, una valle splendida, un freddo pungente come deve essere ora in montagna.
L’occasione è
INTRECCI DI STORIE Il laboratorio, aperto a tutte e tutti anche in una dimensione intergenerazionale e inclusiva ha l’obiettivo di costruire un’opportunità di incontro fra persone e con la propria teatralità, attraverso la sperimentazione dei linguaggi espressivi, fisico, verbale, sonoro, grafico. Incontro tra persone, storie, culture, identità, in un reciproco arricchimento che nella dimensione creativa individuale e di gruppo rende significativa l’esperienza di ogni persona. Dalla messa in gioco della propria teatralità fino alla composizione di una “narrazione collettiva”, passeremo per la sperimentazione di relazioni che aprono all’ascolto e all’accoglienza di ogni storia che si presenta “sul palco” .
Il risultato è stato una fresca ventata di profonde emozioni, per chi ha partecipato come per chi ha vissuto da fuori l’esperienza.
progetto drammaturgo e scenico, interpretazione Piero Cherici, Andrea Dionisi, Riccardo Massai, Angela Torriani Evangelisti
disegno luci Andreas Froeba produzione Archètipo, Diesis Teatrango, Versiliadanza
PRIMA NAZIONALE
L’interesse per la narrazione biblica sulla figura di Isacco, sull’episodio della sua legatura e conseguente sacrificio ordinato da Dio stesso e poi fermato dalla mano di un angelo, nascono da una ricerca che da alcuni anni viene svolta dalle tre compagnie riunite per questo nuovo progetto. Gli innumerevoli significati delle simbologie che contengono le grandi narrazioni bibliche, le ricche interpretazioni linguistiche che nascono dall’attenzione alle parole stesse del testo biblico, di per sé poco più di una ventina di righe, da parte di teologi, poeti, filosofi, tra cui Kierkegaard, ci hanno portato a chiederci:Chi sono oggi e cosa ci raccontano Abramo, Sara e Isacco?Nasce la necessità di un “racconto” teatrale a più vociche interroga la dimensione umana del comando terribile a cui Abramo obbedisce e per il quale si mette in cammino. Un cammino silenzioso, “per fede”, una ulteriore risposta, “eccomi”, all’ennesima chiamata di Dio: “Abramo?”Un cammino che è anche il viaggio degli interpreti sulla scena che fra narrazioni, danza, suoni, sperimentano la dimensione di relazioni umane archetipiche e contemporanee proprio perché passano ancora attraverso i nostri corpi di oggi.
Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 2Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, và nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». 9così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. 10Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. 11Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 12L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio». 13Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. 15Poi l’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta 16e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, 17io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. 18Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».
10 ottobre, Giornata Mondiale della Salute Mentale, Arezzo e il DSM, le sfide di allora e le sfide attuali, i racconti e le memorie.
Un convegno e, il pomeriggio, uno spettacolo su testi di Alessandra Pennacchioni, psichiatra: “La memoria mi riporta a quel periodo del nostro lavoro in cui la formazione degli operatori fu soprattutto un processo educativo, di crescita, di relazione e di apprendimento a fare e a essere”
Una testimonianza viva, commovente, sensibile, sull’esperienza dei giorni nuovi della psichiatria ad Arezzo.
Diesis Teatrango, che ha collaborato con il DSM di Arezzo per molti anni, in un rapporto profondo di arricchimento umano e civile, non poteva non raccogliere l’invito fatto dall’Associazione Vivere Insieme e portare sul palco il racconto – memoria – traccia viva e indelebile del percorso del DSM nel tentativo di modificare e rendere umano, vicino, empatico, il trattamento delle persone in cura psichiatrica.
Un percorso che, a partire da Basaglia, ha cambiato il modo di vedere e trattare i pazienti psichiatrici. Un percorso che non è mai finito.
Dice lo psichiatra G. Cesari: “La costituzione del servizio di Arezzo e poi dei servizi di salute mentale di tutta la Provincia è stata dovuta a una fattiva e fortunata sinergia tra politica e scelte professionali e tecniche: i politici hanno saputo cogliere i fermenti che dagli ambienti professionali dicevano chiaramente che il manicomio non era una istituzione riformabile, ma doveva essere abolita. Ma per costruire cosa? Arezzo è stata una delle migliori risposte in Italia, tanto che da esso è derivato il cosiddetto modello toscano della salute mentale, costituito da un sistema di cure non separate, con stretto collegamento tra territorio, ospedale, centri diurni e residenze. Nessuno di questi servizi è un compartimento stagno, ma c’è un collegamento costante. Questa è stata la principale novità di Arezzo ed è stata alla base delle indicazioni nazionali, non solo toscane, di come costruire i servizi pluridisciplinari e multiprofessionali di salute mentale. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconobbe in pieno la bontà di questo modello. Fin dall’inizio del servizio si è cercato di non creare contrapposizione tra utenti e familiari e lo stile del servizio è cresciuto con questa idea originaria fino a che questa ha acquisito anche basi teoriche e soprattutto operative più strutturate, soprattutto nell’utilizzo di interventi di psicoeducazione. Utenti, familiari e operatori hanno obiettivi comuni: se si muovono in modo separato i risultati saranno sicuramente minori. Questo è importantissimo, ma ancora non basta: se la società civile non è sufficientemente coinvolta, non basteranno gli sforzi degli operatori. Quando ero molto giovane c’era un detto: “La psichiatria è una cosa troppo seria per lasciarla solo agli psichiatri”. Gli operatori di oggi vivono, non certo per loro responsabilità, una condizione probabilmente più difficile di quella che abbiamo affrontato nel passato. Hanno più strumenti di noi, ma non sempre hanno la reale opportunità di usarli, sopraffatti da una mole di lavoro enorme, da cambiamenti non favorevoli a livello sociale. Il discorso sarebbe lungo, ma spero che questa giornata sia proprio un primo passo per rilanciare l’importanza di un approccio alla salute mentale non a parole, ma reale”
L’OMS stessa dice chiaramente: “Non c’è salute senza salute mentale”
Con la regia di De Martino, arriva a Bucine uno spettacolo davvero spettacolare, crudo e crudele, spietato soprattutto con gli spietati, una farsa per capire le nostre dinamiche interne violente, due attori bravissimi che giocando ci svelano le nostre debolezze vestite da forza.
Saremo nella Biblioteca Comunale di Bucine, perché il Teatro non è ancora disponibile.
Prenotare è il miglior modo per avere un posto assicurato.
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